Non si può avere prosperità mortificando il risparmio.
Non si può rinforzare il debole, indebolendo il forte.
Non si può far crescere la fratellanza stimolando l'odio di classe.
Non si può aiutare chi guadagna uno stipendio, molestando chi glielo paga.
Non si può aiutare il povero, distruggendo il ricco.
Non si può creare una vera sicurezza con denaro prestato.
Non si possono evitare difficoltà spendendo di più di quello che si guadagna.
Non si possono formare carattere e valore, togliendo all'uomo l'iniziativa, la libertà e l'indipendenza.
Non si possono aiutare gli uomini per sempre, facendo per loro ciò che devono e possono fare da soli.
(Abraham Lincoln)

lunedì 13 febbraio 2012

SALVIAMO L'EURO, CACCIAMO LA GERMANIA


"Calmiamoci! Qualcuno deve pur essere il primo.....    BROOKES
 fonte The Times Londra
autore Anatole Kaletsky

Un interessante articolo pubblicato dal Times pone la questione dell'euro e la posizione tedesca da un ottica condivisa da tanti economisti indipendenti e dice:
"La vera minaccia alla sopravvivenza dell'unione monetaria non sono i debiti dei paesi mediterranei, ma l'intransigenza di Berlino. Il resto d'Europa dovrebbe allearsi per sbarazzarsene.  



Quindi si ritiene che il  problema di fondo non sta nell’efficienza dell’economia tedesca, quantunque essa abbia contribuito allo squilibrio delle fortune economiche, bensì nel comportamento della classe politica tedesca e dei banchieri centrali.

Non soltanto il governo tedesco si è  sistematicamente opposto alle uniche misure che avrebbero potuto riportare la crisi dell’euro sotto controllo – garanzie europee congiunte per i debiti nazionali e interventi su vasta scala da parte della Banca centrale europea – ma è anche responsabile di quasi tutte le sconsiderate politiche attuate dalla zona euro, dal folle aumento del tasso di interesse applicato l’anno scorso dalla Bce alle eccessive pretese in fatto di austerity e di perdite per le banche che adesso rischiano di esporre la Grecia a un caotico default.
Nel frattempo, molti degli economisti più importanti, degli ex banchieri centrali e dei massimi esponenti dell’imprenditoria caldeggiano vivamente il ritiro dall’euro partendo dal presupposto che le politiche tedesche siano incompatibili con quelle di altri paesi membri.
La nascente consapevolezza che il vero "diverso" della zona euro è la Germania rende più facile comprendere la sconcertante altalena della crisi dell’euro e come possa andare a finire. Come gli euroscettici sostengono dai primi anni novanta, in fin dei conti ci sono soltanto due possibili conclusioni per il progetto della valuta unica. O l’euro si disintegra, oppure la zona euro si trasforma in una federazione fiscale e in una unione politica.
Detto questo l'autore si pone una domanda  dobbiamo desumere che l’euro è destinato a disintegrarsi? Non necessariamente, e per due ragioni opposte. L’alternativa più ottimistica considera che l’insensato “trattato fiscale” del mese scorso fosse di fatto un semplice diversivo nell’attesa che Angela Merkel preparasse l’opinione politica e pubblica tedesca a compromessi da stabilire in futuro sulle garanzie congiunge del debito, mentre la Bce si impegna in un alleggerimento quantitativo in stile anglosassone.
Secondo l’alternativa più pessimistica, invece, la Germania sarebbe effettivamente determinata a scongiurare l'alleggerimento monetario e fiscale che è l'unica chance di salvezza dell’euro. In questo caso gli altri membri della zona euro si troveranno presto davanti a una scelta storica: dovranno lasciare l’euro o espellerne la Germania? E nel secondo caso, dovranno farlo limitandosi a chiederle di andarsene oppure, come è più verosimile, accordandosi tra loro per una strategia monetaria e fiscale che provochi la Germania al punto che sia essa a scegliere di andarsene?
Francia, Italia, Spagna e i loro partner della zona euro hanno i mezzi per salvare l’euro, e così facendo sottrarsi all’egemonia economia tedesca.
L’unica domanda irrisolta è se hanno abbastanza fiducia in loro stessi e la consapevolezza economica di volersi coalizzare contro la Germania.

In ogni caso, per i leader europei si avvicina il momento in cui dovranno smettere di addebitare la crisi dell’euro all’economia mondiale, alle banche o agli sprechi dei governi precedenti. Come scrisse Shakespeare “La colpa, caro Bruto, non è delle nostre stelle, ma di noi stessi, che siamo dei subalterni”

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